- Come funziona REST e quando è ancora la scelta giusta
- Cos’è GraphQL e perché sempre più aziende lo scelgono
- REST vs GraphQL: confronto pratico per sviluppatori
- Quando conviene usare REST o GraphQL: guida alla scelta
- FAQ – Domande frequenti su REST e GraphQL
Se ti stai avvicinando al mondo dello sviluppo software, avrai già capito quanto siano importanti le API. Sono lo strumento che permette alle diverse parti di un’app — come il frontend (quello che l’utente vede) e il backend (la logica e i dati dietro le quinte) — di comunicare tra loro. Ma le API non servono solo a “far funzionare le cose”: sono fondamentali per la struttura, la scalabilità e l’efficienza di un progetto.
Ecco perché, quando inizi a lavorare su un’app o una piattaforma, devi decidere come strutturare le tue API. E qui entra in gioco una delle prime grandi scelte architetturali che un developer si trova ad affrontare: REST o GraphQL?
Entrambi sono metodi per costruire API, ma con logiche e approcci molto diversi. REST è il modello più tradizionale, semplice da capire e diffusissimo. GraphQL è più recente e flessibile, ma anche un po’ più complesso da gestire all’inizio.
Capire quando usare REST e quando scegliere GraphQL è essenziale per evitare problemi in futuro, soprattutto se lavori in un team, su progetti che devono crescere o se stai costruendo un’app con interfacce dinamiche. In questo articolo ti guiderò passo dopo passo nel confronto tra REST e GraphQL, con esempi, casi d’uso e consigli pratici per scegliere l’approccio giusto in base al tipo di progetto che stai sviluppando.
Come funziona REST e quando è ancora la scelta giusta
REST, acronimo di Representational State Transfer, è uno degli stili architetturali più diffusi per la progettazione delle API web. Introdotto nei primi anni 2000, ha conquistato il panorama dello sviluppo grazie alla sua semplicità, alla chiarezza dei concetti e all’integrazione nativa con il protocollo HTTP.
Il principio fondamentale di REST è che ogni risorsa (ad esempio utenti, prodotti, ordini…) venga identificata da un URI univoco (es. /users/123) e che le operazioni su queste risorse vengano gestite tramite i metodi standard di HTTP:
- GET per leggere,
- POST per creare,
- PUT o PATCH per aggiornare,
- DELETE per eliminare.
Inoltre, le comunicazioni REST sono stateless: ogni richiesta contiene tutte le informazioni necessarie per essere eseguita e non dipende da chiamate precedenti. Questo significa che il server non mantiene uno “stato” tra una richiesta e l’altra, facilitando la scalabilità e la cacheabilità.
Quando REST è la scelta ideale
REST è ancora oggi la soluzione perfetta in moltissimi casi. In particolare, si rivela estremamente efficace quando si lavora in contesti CRUD, cioè quando l’interazione con le risorse avviene principalmente attraverso operazioni di creazione, lettura, modifica e cancellazione.
È la scelta più indicata quando:
- La struttura dei dati è stabile, quindi non c’è bisogno di adattare frequentemente le risposte.
- L’interfaccia client è semplice o tradizionale (es. una web app con pagine statiche o poco dinamiche).
- Serve compatibilità ampia, ad esempio se il sistema deve dialogare con altri software legacy, browser diversi o strumenti terzi.
- Si vogliono sfruttare funzionalità native di HTTP, come il caching delle risposte, l’autenticazione base, la compressione o il versionamento tramite URI (/v1/products).
REST è anche altamente documentabile e ben supportato da strumenti come Postman, Swagger (OpenAPI), e client HTTP di ogni genere, semplificando il lavoro anche per team eterogenei.
I limiti di REST nei progetti più moderni
Tuttavia, man mano che le applicazioni diventano più dinamiche — ad esempio Single Page Application (SPA) o mobile app con molte viste personalizzate — REST può iniziare a mostrare il fianco. In questi casi, le necessità cambiano:
- Il frontend ha bisogno di aggregare dati provenienti da più risorse per costruire una singola vista (es. per mostrare profilo utente, notifiche e prodotti preferiti nella stessa pagina). In REST, questo può richiedere più richieste consecutive.
- Si verificano frequentemente fenomeni di overfetching (l’API restituisce più dati del necessario perché non è possibile richiedere solo ciò che serve) o underfetching (il client riceve meno dati del necessario e deve fare ulteriori richieste).
- L’evoluzione parallela di frontend e backend diventa più difficile da gestire: ogni modifica nel modello dati può richiedere aggiustamenti in diverse parti dell’applicazione, aumentando il rischio di bug e la complessità della manutenzione.
In sintesi: REST è ancora una tecnologia valida, robusta e perfettamente adatta a molti progetti. Ma in ambienti moderni con interfacce ricche e dinamiche, le sue rigidità strutturali possono diventare un ostacolo. È proprio da queste esigenze che nasce l’interesse per GraphQL, che vedremo nel prossimo paragrafo.
Cos’è GraphQL e perché sempre più aziende lo scelgono
GraphQL è una tecnologia che sta rivoluzionando il modo in cui i frontend comunicano con i server. Sviluppata inizialmente da Facebook nel 2012 per migliorare le performance delle proprie app mobile, è stata rilasciata come progetto open source nel 2015, guadagnando rapidamente popolarità tra le aziende che cercano maggiore flessibilità nella gestione dei dati.
A differenza dell’architettura REST, che prevede più endpoint specifici per ciascuna risorsa, GraphQL espone un solo endpoint universale. A questo si inviano query strutturate, che descrivono esattamente quali dati si desiderano ottenere e in quale formato. Il risultato? Il client riceve solo ciò che ha chiesto, evitando sia l’overfetching sia l’underfetching.
Immagina una schermata in un’app mobile che mostra l’utente, i suoi ordini e le notifiche. In REST dovresti fare almeno tre chiamate distinte; con GraphQL puoi ottenere tutto in una singola query, ottimizzando traffico e velocità.
Perché molte aziende scelgono GraphQL
Negli ultimi anni, start-up, grandi tech company e team di sviluppo agili hanno iniziato ad adottare GraphQL per diversi motivi:
- Offre un maggiore controllo su ciò che viene inviato e ricevuto tra frontend e backend.
- Riduce il numero di chiamate HTTP, migliorando la user experience soprattutto in contesti mobile o con connessioni lente.
- È fortemente tipizzato: ogni dato ha un tipo preciso definito in uno schema, facilitando l’autocompletamento, la validazione e la documentazione.
- Permette al frontend di evolvere indipendentemente dal backend, con meno compromessi.
Questa architettura si adatta perfettamente a contesti moderni, dinamici, cross-device, dove le interfacce cambiano spesso e il caricamento rapido dei dati è cruciale.
Le sfide: curva di apprendimento, sicurezza e performance
Tuttavia, GraphQL non è una soluzione magica, e introduce nuove complessità che richiedono attenzione:
- Curva di apprendimento: per chi proviene da REST, GraphQL può inizialmente sembrare più complicato. Bisogna comprendere il concetto di schema, saper scrivere query, mutation e subscription, e gestire i resolver, ovvero le funzioni che recuperano i dati.
- Performance: se non si impongono limiti (rate limit, depth limit, query complexity), un utente malintenzionato potrebbe costruire query troppo pesanti, sovraccaricando il server. A differenza di REST, dove le rotte sono fisse, in GraphQL il client ha più controllo, il che comporta nuove sfide di sicurezza.
- Sicurezza e caching: alcune pratiche comuni in REST, come il caching HTTP nativo o la protezione per endpoint specifici, vanno ripensate in ottica GraphQL. Serve una gestione più precisa e spesso personalizzata.
REST vs GraphQL: confronto pratico per sviluppatori
Aspetto | REST | GraphQL |
Numero di endpoint | Multipli, uno per risorsa | Uno solo |
Richiesta di dati | Fissa, predefinita | Personalizzabile con query |
Overfetching/Underfetching | Sì | No |
Tooling nativo | Semplice, basato su HTTP | Richiede tooling dedicato |
Caching HTTP | Nativo | Deve essere gestito manualmente |
Versionamento | Via URI o headers | Preferibilmente evitato, evoluzione tramite schema |
Sicurezza | Basata su route e middleware | Basata su campo e tipo, più complessa |
Quando conviene usare REST o GraphQL: guida alla scelta
Scegliere tra REST e GraphQL non è una questione di tendenza tecnologica, ma una decisione strategica che deve basarsi sulle reali esigenze del progetto. Per valutare qual è l’architettura più adatta, è importante considerare il tipo di dati gestiti, il livello di complessità del frontend, le competenze del team e la proiezione evolutiva del sistema nel medio-lungo periodo.
REST continua a essere la scelta ideale in contesti in cui la struttura dell’applicazione è relativamente semplice e segue logiche CRUD classiche (Create, Read, Update, Delete). Se il progetto prevede l’integrazione con servizi esterni che già utilizzano API RESTful, oppure si lavora in ambienti regolamentati dove è preferibile mantenere soluzioni più stabili, prevedibili e facili da testare, REST offre solidità, chiarezza e un’enorme compatibilità con strumenti di sviluppo e debugging già esistenti.
D’altra parte, GraphQL risulta più vantaggioso quando si sviluppano interfacce frontend dinamiche, in particolare per applicazioni mobile-first, SPA (Single Page Application) o PWA (Progressive Web App). Se il sistema deve accedere a dati provenienti da fonti diverse – come microservizi, database multipli, servizi di terze parti – o se l’utente finale ha bisogno di interazioni fluide, personalizzate e ottimizzate, GraphQL consente una gestione più granulare e performante delle richieste.
Per tirare le somme, non esiste una soluzione unica. La scelta tra REST e GraphQL deve essere strategica, basata su:
- la natura dei dati e delle interfacce,
- il livello di flessibilità richiesto dal client,
- le competenze del team,
- il grado di evoluzione previsto per l’app.
La scelta dipende dal bilanciamento tra semplicità e flessibilità. REST resta una scelta sicura, ben documentata e ampiamente supportata. Funziona bene per prodotti consolidati o con cicli di sviluppo brevi. GraphQL, invece, brilla in progetti più ambiziosi, in cui l’interfaccia utente evolve spesso e serve maggiore controllo sui dati. Rappresenta il futuro per progetti dinamici, frontend-driven e orientati alla scalabilità.
Come li usano le grandi piattaforme: casi reali a confronto
Facebook, GitHub, Shopify: perché GraphQL
Facebook ha creato GraphQL per rispondere all’esigenza di ridurre le richieste multiple che app mobili generavano. Oggi anche GitHub e Shopify espongono GraphQL pubblicamente, permettendo ai client di scegliere quali dati ottenere in un’unica chiamata.
Stripe, Twilio, Sendgrid: REST come standard affidabile
Questi servizi puntano su REST per:
- garantire compatibilità massima,
- offrire documentazione chiara,
- evitare l’onere di gestire tooling custom per ogni client.
Infatti, in contesti B2B o API mission-critical, REST è spesso sinonimo di robustezza e prevedibilità.
Casi ibridi: quando REST e GraphQL convivono nello stesso stack
Molte aziende oggi adottano un approccio ibrido:
- REST per le API pubbliche o standardizzate.
- GraphQL per interfacce interne, frontend dinamici, dashboard avanzate.
Esempio: un eCommerce può usare REST per gli ordini e GraphQL per l’interfaccia admin.
FAQ – Domande frequenti su REST e GraphQL
Qual è più veloce tra REST e GraphQL?
Dipende. GraphQL riduce le chiamate ma richiede parsing delle query. REST è più diretto ma può essere meno efficiente.
GraphQL è più difficile da implementare?
Sì, richiede uno schema forte, setup di resolver e attenzione alla sicurezza. Ma una volta configurato, diventa potente.
Posso usare REST e GraphQL nello stesso progetto?
Assolutamente. È un pattern sempre più diffuso per separare API consumer da quelle per l’interfaccia.
Cosa scegliere per un’app mobile con molte chiamate API?
Probabilmente GraphQL, per ridurre overfetching e limitare il numero di richieste.
GraphQL è meglio per lo sviluppo frontend?
Sì, offre flessibilità estrema e riduce la dipendenza da modifiche backend.
REST è ancora rilevante nel 2025?
Sì, e continuerà a esserlo per molte applicazioni dove stabilità e semplicità sono prioritarie.